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Gay & Bisex

Boy Scout - 8


di Marcus95
28.11.2021    |    12.988    |    15 9.5
"*** Seguii su per le scale Lorenzo..."
Capitolo 8: Amico Inaspettato & Verità


Tommaso odiava tutti. Tutta la Pattuglia. Solo i bambini riuscivano a strappargli qualche sorriso.

«Vado in bagno» disse Lorenzo.

‘Non me ne frega un cazzo’ si disse Tommaso. A lui non importava più di nessuno.

Lasciato solo con i bambini si sentì più libero. Almeno non aveva la supervisione di Lorenzo. Il suo amico con il qualche ora non riusciva neanche a parlare. Li odiava tutti quanti.

Sentì un cane abbaiare dietro di sé e controllò. Davanti a lui c’era Federico con un cane nero e grosso che gli stava accanto.

«Che cazzo ci fai qui» disse senza far sentire la parolaccia ai bambini.

«Ho trovato questo cane. Non ha medaglietta, quindi non è di nessuno e non so cosa farci» disse Federico guardandolo. Sperava di trovare Lorenzo ma lui non c’era.

«Portatelo a casa e sparisci dalla mia vista» disse duro Tommaso.

«Non posso, il cane…»

Tommaso gli fu davanti e lo guardò negli occhi. «Non me ne frega un cazzo del cane. Vattene.»

Federico lo guardò estremamente impaurito. Tommaso sapeva far veramente paura quando ci si metteva. Gli occhi neri di Tommaso continuavano a squadrarlo come se stesse pensando alla sua cena. Cannibalismo innato.

«Sì… forse… me ne vado» disse tremante Federico.

«Saggia scelta e sparisci» disse Tommaso ritornando dai bambini con un grosso sorriso.

Il cane seguì Tommaso che all’inizio non se ne accorse.

«Cosa ci fai qui bamb…» disse ma non era un bambino, ma bensì il cane nero.

«Il cane te lo devi portare con te. Non faccio il dogsitter» disse a Federico senza neanche guardarlo.

Federico gli fu vicino e cercò di portare via il cane, ma lui non ne voleva sapere. Non si scollava.

«Lascialo qui. La sua compagnia è infinitamente migliore della tua» disse Tommaso e accarezzò il cane nero. Il cane si fece ancora più vicino a lui.

Lui era l’unico amico rimasto. Lo aveva appena conosciuto ma già lo adorava. Mai quanto Luca però. Luca, aveva fatto una cazzata a mandarlo via la notte precedente. Era stato così carino con lui. Però non poteva mica cancellare il fatto che aveva fatto un pompino a Federico. Lui era suo. Tommaso era il suo guardiano e quindi gli apparteneva.

Lorenzo non si vedeva, tanto meglio. Il cane seguiva i bambini che correvano e ridevano.

Tommaso si bloccò un momento. Si sentiva caldo, troppo caldo. Guardò il sole e vide una luce. Una luce strana, cambiava colore fino a diventare nera. Cadde e il cane abbaiò.

***

«Come ti senti ora?» mi chiese Andrea mentre stavo finendo i documenti.

«Oh benissimo. Sono un fulmine a fare queste cose» dissi contento. Per quella frazione avevo dimenticato Tommaso e tutti gli altri. Io e il lavoro. Basta.

«Succedono spesso queste litigate?» mi chiese.

«Non credo. Non so bene cosa stia succedendo» dissi omettendo il fatto che era tutto per amore.

«Tu che studi tanto le persone, non sai cosa sta succedendo? Allora deve essere qualcosa di davvero complesso.»

«Sì credo di sì» dissi e tornai sull’ultimo documento.

La mia mente doveva rimanere concentrata. Non doveva lasciarsi distrarre da nulla. Inviai l’ultimo documento e mi alzai sorridendo. Mi avvicinai ad Andrea e gli sorrisi.

«Ho finito» dissi.

«Molto bene» disse ed iniziammo a chiacchierare.

***

Il cane abbaiava e i bambini urlavano. Lorenzo corse fuori seguito da Federico. Videro la scena e Lorenzo disse «Stai tu con lui, io chiamo Luca.»

Federico voleva dirgli che era una cattiva idea, ma Lorenzo era già sparito. Tommaso giaceva per terra. Sentì che respirava ancora, quindi doveva essere svenuto. Nulla di grave. Federico era lì a sorreggere il suo peggior nemico. Allettante.

Lorenzo si precipitò giù per le scale fino ai sotterranei. Quando arrivò, aprì la porta senza neanche bussare e non prestando attenzione alla segretaria che gli urlava dietro.

Luca e Andrea lo guardarono sbalorditi. Era sudato e ansimava.

«È svenuto. No anzi, si è accasciato a terra, ma cedo respiri. Aiutatelo» disse Lorenzo in preda al panico.

«Vado io» disse Luca. Prese lo zaino delle emergenze e uscì dall’ambulatorio mentre Andrea preparava il tavolo per necessità.

***

Seguii su per le scale Lorenzo. «Chi è svenuto?» chiesi. Speravo non Tommaso, sarebbe stato troppo imbarazzante.

«Si è accasciato, non so come. Il cane è lì.»

Non capivo nulla. Lorenzo era nel panico più totale. Doveva parlare chiaro. Decisi di non fare altre domande e mi diresse verso il posto dove lavorava Federico. Lui non c’era. Era successo qualcosa a Federico. Dovevo mantenere la testa lucida. Oltrepassammo una porta e finimmo nel giardino delle esercitazioni.

Il suo corpo. Disteso. I bambini urlavano, un cane nero che non avevo mai visto stava vicino al suo corpo e abbaiava forte. Federico era lì con lui. Anzi era sopra di lui. Che cosa pensava di fare? Tommaso era mio e mio solo.

«Spostati» dissi quando fui vicino al corpo di Tommaso.

Federico mi guardò e si scansò. Non aveva odio sulla sua faccia. Né per me né per Tommaso.

«L’ho trovato così. Sembra svenuto» mi disse.

«Okay grazie» dissi mettendo giù lo zaino e controllando che respirasse ancora. Tommaso respirava e il battito era regolare. Un po’ lento, ma regolare.

«Mi fai un favore Fede? Fai scansare tutti» dissi guardandolo in faccia. Neanche io provavo odio. Sapevo cosa aveva fatto Federico. Aveva cercato di aiutare Tommaso. Un grande gesto. Poteva odiarlo al cento per cento ma almeno era rimasto umano.

«Certo dottore» disse sorridendo.

«Non lo sono ancora ma grazie» dissi ridendo.

Federico fece come gli dissi. I bambini sparirono, Lorenzo badava a loro. C’era un problema. Federico non riusciva a far muovere il cane. Stava lì zitto zitto ad osservarmi mentre toccavo il corpo di Tommaso per farlo riprendere.

«Non importa» dissi a Federico che cercava i tutti i modi di portare via il grande cane nero. «Lui può rimanere» dissi.

Federico mi guardò e disse: «Vi lascio soli» e se ne andò.

Tommaso era solo svenuto per la tensione che aveva quindi provocato un calo di pressione. Lo schiaffeggiai e Tommaso si riprese. Mi guardò e non fu molto felice di vedermi.

«Che diavolo» disse.

«Stai zitto. Rimani sdraiato, ti prendo dell’acqua» dissi prendendo una bottiglietta di acqua che era nello zaino. Gliela versai un po’ sul viso e poi gliela porsi. Lui la prese e se ne stava lì a fissarmi.

«Bevi» dissi dato che era ancora immobile. «Sei solo svenuto per un calo di pressione quindi è meglio se bevi.»

«Sei sempre così cattivo con i pazienti?» chiese incominciando a bere.

«Solo alcuni in particolare» dissi io risistemando lo zaino.

Mi sorrise. Era divertito dal mio lavoro? No, con me non attaccava.

«Sto facendo il mio lavoro, non ridere» dissi duro.

«Scusa. Però mi sei mancato questa notte» disse di getto.

«Non è vero» dissi io. «Tu non hai idea della notte che ho dovuto passare. Alle lacrime che ho versato, agli urli che ho lanciato al vuoto.»

«Quello l’ho sentito anche io. Credevo fosse successo qualcosa. Mi sono vegliato, ma poi non sentii altro quindi mi rimisi a dormire.»

«Sul serio hai sentito?» chiesi.

«Sul serio» rispose lui. «Ho sentito e mi sei mancato. Nel bosco non si dorme bene.»

«Questo non mi importa. Adesso dobbiamo andare in ambulatorio» dissi e il cane abbaiò.

«Che ci fa qui il cane?» chiese lui.

«Se non lo sai te» dissi io che mi ero già alzato.

Tommaso guardava il cane nero come incantato. C’era della magia tra di loro. «Lui era qui. Lo aveva portato Federico. Il cane non mi ha mai lasciato.»

«Una cosa l’avete in comune. Tutte e due avete un anima nera» dissi duro.

Il cane si avvicinò a Tommaso e lo leccò sulla guancia. Tommaso mi guardò e prendendomi per un polso mi riportò giù bruscamente. Lo zaino mi cadde dalle spalle.

«Che diavolo fai? Ci sono medicinali qui dentro!» dissi io rimettendo in piedi lo zaino delle emergenze.

«La mia medicina sei tu.»

Tutto era così surreale. Non voleva dire quello. Lo sapevo.

«Cosa intendi dire?» chiesi.

«Nulla. Sono contento che sia tu il medico della situazione» disse.

Un altro insulto? Questo era troppo. «Io sono qui a fare il mio santo lavoro. Se non ti sta bene chiamo qualcuno d’altro. Io cerco sempre di essere gentile con te. Tu in questi giorni mi hai trattato benissimo ma ora non conto più nulla per te.»

«Non è assolutamente vero. Tu mi hai ferito. Io ho reagito nel peggior modo possibile, tenendoti a distanza» disse Tommaso.

«Tu mi hai fatto soffrire. Ho sentito il dolore sulla mia pelle. Come un fuoco che brucia nelle tenebre, come un dolore atroce che brucia nelle mie vene» dissi ribadendo il fatto che il diavolo era lui.

Tommaso mi guardò e capì tutto il mio dolore. «Ne sono assolutamente consapevole. Me ne dispiace, tanto, ma ho dovuto. Era l’unico vero modo per farti allontanare da Federico.»

Tutto stava prendendo una strana piega. Davvero Tommaso sapeva della scelta? Sapeva che stavo scegliendo tra loro due? «Pensi che ci sia stata una scelta? Tra te e Federico?» chiesi per tastare la sua conoscenza.

«Non lo so. Non siamo gay. Lo abbiamo detto la prima notte. Una scelta sarebbe inopportuna» disse cercando di svicolare il discorso. Lui sapeva, lo so che sapeva.

«In realtà una scelta c’è stata. Siamo in tre: io, te e Federico. Quello che doveva prendere una decisione ero io» dissi.

«Oh cucciolo» cominciò a dire ma mi allontanai.

«Non sai neanche chi ho scelto e non sai neanche cosa preveda la scelta. Non dare per scontato che sia amore. ‘Non siamo gay’» dissi cercando di copiare le sue parole. Mi piaceva quando lo facevamo.

«Sono sicuro che si tratti d’amore» disse Tommaso.

Il mondo si bloccò. Quella era una confessione. La sua confessione. Non era etero. Potevo stare con lui, potevo avere il mio sogno, potevo avere il mio uomo. Io e lui solamente.

Mi guardai intorno. Non c’era nessuno. Solo noi due e il cane, ovviamente. Il cane che adorava Tommaso, ma doveva mettersi in fila. Tommaso sarebbe stato mio. Tommaso era mio ed io ero suo. Il suo ragazzo nuovo, il suo cucciolo, il suo ragazzo che non l’avrebbe mai più lasciato.

Io amavo Tommaso.

Dirlo nella testa era bello, ma mai come dirlo ad alta voce. Dovevo trovare la forza di dirgli che lo amavo e che avevo scelto lui.

Federico era il mio migliore amico, ma non ci sarebbe mai stato l’amore come con Tommaso. Tommaso era diverso. Il suo carattere mi eccitava, sul suo corpo mi eccitava, la sua perversione mi eccitava.

Tommaso mi eccitava. Solo lui, l’uomo della mia vita, l’uomo che sarebbe diventato il mio ragazzo e poi fidanzato. Volevo passare una vita intera con lui. Lo conoscevo poco, era vero, ma non me ne importava un cazzo, così avrebbe detto Tommaso. Io lo amavo, questo contava per me, e se agli altri non importava, che vadano a fare in culo. Lui era tutto per me. Volevo fare l’amore con lui.

Il sole picchiava sui nostri corpi. Lui era sudato. Vedevo delle gocce che scendevano dalla fronte. Il suo collo senza barba era umido con altre goccioline che arrivavano fino alle sue ascelle. La maglietta era bagnata all’altezza degli addominali. Era eccitante vederlo sdraiato ai miei piedi che mi guardava aspettando la mia risposta, la risposta che avrebbe cambiato per sempre la nostra vita.

Tra gli alberi scorreva una brezza leggera. Il cane nero mi guardava, anche lui aspettava la risposta. Quell’anima nera era invece il portatore della mia riposta. Perché non poteva dirla lui al posto mio? Il silenzio girava tra di noi indisturbato. Il caldo ci coccolava. Ci dava alla testa, come la scelta che avevo fatto.

Però tutto questo era buono, come la mia scelta.

«Tommaso» dissi iniziando il mio discorso, quello che avrebbe cambiato tutto. Lui poi doveva decidere se voleva stare con me oppure no.

«Dimmi tutto Luca» disse lui non aspettando altro.

«Io… In questi giorni sei stato il mio guardiano che mi ha protetto. Sei stato formidabile, ma… Io… Per me non…» Non riuscivo a parlare.

Vidi il volto di Tommaso incupirsi. Oh amor mio non doveva farlo. Il suo bel viso doveva risplendere al chiarore del sole.

«Comprendo» disse lui quasi arrabbiato.

«No invece» dissi io duro. «Non puoi comprendere la mia mente finché non ci vivi dentro. Sono un caso problematico. Io non ti…» Urlai. Il grande cane nero mi era venuto vicino e non me ne ero neanche reso conto.

Mi leccò la mano come a simboleggiare che lui era con me. Mi misi per terra esattamente come Tommaso. Guardai il cane e poi fissai le pupille nere di Tommaso. I suoi occhi erano così belli che mi ci perdevo dentro.

«Tu sei un’anima oscura» dissi. «Un’anima che mette paura, un’anima perversa, un’anima dalla quale è meglio mantenere le distanze. Tu porti sulla cattiva strada. Questo grande cane nero che ti è venuto vicino nel momento del bisogno ti vuole bene. Ma io non posso essere come questo cane. Lui ti vede come un guardiano, un padrone. Io non ti voglio come guardiano.»

«Potrai cambiarmi» disse subito e girò lo sguardo.

Gli presi la faccia e la portai dove era prima. I nostri occhi si incontrano nuovamente. «Io ti amo Tommaso.»

***

I due ragazzi rimasero immobili. Tommaso guardava Luca e Luca guardava Tommaso. Un aurea di magia era tra di loro. La scelta era stata presa.

Tommaso si buttò su Luca e lo baciò. Un bacio come si deve. Le loro lingue si incontrarono e si mordicchiavano a vicenda. Luca era sdraiato a terra con il corpo di Tommaso sopra di lui. Tommaso era una carica, una forza della natura. Con la sua lingua esplorava ogni singolo centimetro della sua bocca. Sentiva il suo sapore. Il suo sapore lo eccitava. Tommaso stava diventando duro sopra il corpo di Luca. Luca se ne accorse subito e cercò di strusciarsi contro quell’erezione ma era schiacciato a terra. Tommaso si staccò e disse: «Faccio io cucciolo.» Si strusciò contro i pantaloni di Luca. Anche Luca stava avendo una erezione. Tutto era così romantico.

«Dovremmo andare in infermeria» disse Luca. Aveva paura che i bambini vedessero la scena, ma sopratutto che la vedesse Federico. La scelta l’aveva fatta e non l’avrebbe mai cambiata. Lui amava Tommaso.

«Vuoi già finire?» chiese Tommaso.

«Assolutamente no. Voglio stare con te per tutto il tempo. Baciarti, accarezzarti e fare l’amore con te» rispose Luca eccitato sotto il corpo del suo ragazzo.

Tommaso con quel bacio aveva acconsentito, aveva accettato Luca come ragazzo. Tommaso adorava Luca.

«Ti devo dire una verità» disse Tommaso mentre ansimava sopra il corpo di Luca.

«Non puoi rimangiare» disse Luca ridendo.

«Non lo farei mai. Comunque non sono gay, ma bisex. Tanto ora non serve saperlo. Io ho te. Non importano i miei gusti. Io voglio solo te. Tu sei il mio ragazzo Luca. Tu sei mio ‘cucciolo’.»

Luca ebbe un fremito. Si erano legati. Tommaso avvicinò piano la testa al volto di Luca. Luca la prese e portò le labbra di Tommaso sulle sue. Iniziò una nuova danza di lingue, ma questa volta delicata e dolce. Era un lento. Stavano ballando un lento amoroso. Era molto eccitante. Luca sentiva il sapore di Tommaso, un sapore che avrebbe assaggiato per sempre. Sentiva l’erezione di Tommaso sulla sua. Aveva il corpo della persona che amava. Aveva scelto e ora la sua vita sarebbe cambiata. Il grosso cane nero abbaiò piano mentre i due ragazzi si baciavano.

Ero eccitatissimo. Il grosso cane nero ci guardava. Aveva appena abbaiato piano. Quello era un segno: anche lui approvava la nostra relazione che sarebbe durata per una vita intera. Io avevo Tommaso. Era definitivamente mio. Io ero suo.

La sua erezione sulla mia mi mandava in estasi. La sua lingua nella mia bocca era un miraggio. Tutto era vero però. Tommaso mi eccitava. Lo avevo conquistato. Il mio ragazzo mi amava, io amavo lui. La nostra relazione era realtà.

Buttai la testa all’indietro e con un urlo venni sotto il corpo del mio ragazzo Tommaso.
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